Amico poeta ricordi? ERAVAMO LI’ nel gioco dei versi, come tra fili d’erba…
Eravamo lì sotto i fili d’erba, nei sogni di verità e di giustizia dell’infanzia, entrambi rincorrendo il futuro sognato come fosse certezza, ore senza fine…per ritrovarsi poi, un giorno, fra le righe vissute, amico poeta, lo stesso di allora, e vederti riempire di verità le libere strofe, raccontando la vita, e seppur mai incontrato, accanto a me nell’universo… da sempre.
Nella Via Lattea della poesia, noi poeti, siamo un corpo unico nel mondo, conosciamo come custodire i segreti della vita e non sempre riusciamo a sciogliere i legami gelosi della conoscenza per lasciarli andare via e volar liberi verso le anime.
Leggendo e rileggendo le pagine in versi di Gennaro Avellino e nascondendomi fra le righe, per non alterare il suono lieve delle battute e non turbare con la mia incursione, il volo sinuoso dell’elegia, mi confronto nelle infinite immagini che il poeta rileva nel suo sguardo volto a 360 gradi sul mondo…ascolto…emergono dai versi liberi come dall’ombra della notte, i misteri e le luci del vero che uniscono le anime e in questo percorso senza accorgermi scendo nelle profondità della terra, come dentro di me, scoprendo quel luogo universale da cui tutti, proveniamo…quella casa avvolgente in cui tutti noi, infinitamente piccoli da sempre abitiamo.
E’ il nostro spazio universale, senza tempo che possediamo ignari come umanità, forse ignari, forse distratti, finchè qualcuno, come luce, ci illumina la strada nella notte della coscienza…
Ecco il grande poeta, la sentinella sensibile, attenta ad ogni sospiro nel vento, eretto sul pinnacolo della solitudine profetica che ha parole per narrare e lenire il dolore dell’uomo.
Come il diamante raggiunge lo splendore assoluto dopo secoli di procedimenti sedimentari, purificandosi nelle viscere del suolo, così il nostro autore, nelle analisi giornaliere della sua poetica familiare ed empatica, attraversa infinite esperienze, soffermandosi sull’infinitamente piccolo…indugia nel gioco degli opposti con immagini di grande portata diffusiva, il tema della felicità e dell’infelicità, le figure dell’uomo (L’uomo) e della donna (La Donna), la vita e la morte, richiamate con simboli stupendi che ricordano lo Spiritualismo del ‘900, nel “seno di donna” e nella “tomba”, oppure riflettendo sul valore delle cose o degli oggetti, “la sciarpa”, “il gioiello”, cogliendo puntualmente l’occasione per interrogare la coscienza, laddove un oggetto generalmente riconosciuto, può rappresentare invece valori opposti secondo lo sguardo interiore, e ancora, il tormentoso confronto con sè stesso al cospetto di Dio, analisi struggente ma soave cui nessun uomo sa sfuggire (Ascesi).
Il dualismo leggermente ironico ma sferzante ed essenziale con la poetica del quale Avellino interroga gli opposti per far emergere la sostanza e il valore delle cose al fine di sollecitare la ricerca interiore, ricorda la splendida nudità teatrale dei grandi Esopo e Fedro, ripresa nei secoli da numerosi autori tra cui ricordiamo recenti, il Belli e il Trilussa, declinata tuttavia nel nostro autore da una passione irrisolvibile per la sorte dell’uomo e per il suo anelito al bene, che egli descrive come “Inquietudine”o come “Speranza”quando delicato confessa…”Dentro di me ho un essere puro..”(Speranza) come se la sua anima fosse ferita da una inestinguibile sete di giustizia e con l’umile forza della sua penna volesse riportare l’alba sul mondo (Momento).
La poetica apparentemente accessibile ma colta di Gennaro Avellino riesce quindi a percepire lo stato interiore dell’anima e a condurci nell’intimo, sfiorando l’inconscio collettivo attraverso gli archetipi comuni che appartengono all’umanità, per giungere infine alla manifestazione aperta delle declamazioni aforistiche, punta di diamante e scopo ultimo della sua missione poetica, purificata al crogiuolo esigente e fatale del confronto continuo con se stesso.
Se non attraversiamo questo passaggio di riflessione, non possiamo comprendere la forza degli Aforismi di Avellino, la loro tragica e stupenda spinta di missione universale…un grido sommesso ma potente che attraversa il percorso della vita umana, rileggendola alla luce di una cosciente certezza e facendo risorgere dal buio dell’indifferenza, le verità intraviste e troppe volte sfuggite e inchiodandole per sempre sulla bacheca delle stelle, perchè tutti gli uomini possano vederle da ogni punto della terra.
E’ un donarsi senza ritorno, senza ricompense, consapevole di non poter realizzare sempre nell’altro la catarsi dell’esperienza vissuta, ma unitamente alla raggiunta consapevolezza dell’indeclinabile cosmico, la figura poetica di Gennaro Avellino raggiunge il culmine profetico del vaticinio, fluttuando dai versi del realismo limpido dello stato di natura all’esperienza mistica dell’abbandono dell’anima nell’Amore.
E’ la sua firma nel tempo, la mantenuta promessa di un progetto di vita intravisto un giorno nei giochi d’infanzia e condotto per mano fino alla consegna di sè nella missione dell’Arte, sulle parole sigillo che denudano l’intimo patto con le mistiche altezze…”INSAZIATO, MORIRO’ DI POESIA”.
Una “Consegna d’Amore”.
E mi riporta là, dove anche io poetessa, sognavo bambina di indicare la strada della vera vita all’umanità intera, e scopro di averti conosciuto da sempre, amico stellare, abitante della mia stessa casa nel tempo…
Serena Caleca