Nonostante il dolore…
Realtà e simbolo costituiscono la matrice espressiva di quest’opera di Anna Maria Batignani, nella descrizione quasi surreale della piana di Castelluccio e dei suoi dintorni, posta nel cuore dell’Italia e ispiratrice di pittori e poeti. Dinanzi all’immensità del piano e alla sua naturale bellezza, il pensiero è assalito da un’infinità di emozioni e si distacca, spaziando fin nei recessi dell’anima e astraendosi.
La posizione prospettica è volutamente disposta sulla tela come un abbraccio che si apre all’umanità ma più profondamente alla contemplazione personale, dove ai lati si ergono i due promontori che sembrano ricordare gli avamposti di una realtà presente, forse arida, forse sorda al grido dei popoli, forse sterile, ma comunque secondaria rispetto al pathos avviluppante del primo piano e della centralità della piana stessa, che invade gli occhi e l’animo di chi guarda.
La piana fiammante, accecante come fuoco, investe lo sguardo giungendo fino al punto di contatto sensibile con il margine della tela, come se volesse uscirne e riversarsi fuori da quella dimensione virtuale per entrare in quella reale, scuotere le coscienze addormentate e rapirle, catturandole nel magma incandescente dei petali scarlatti, come in un fiume di anime in cammino.
E’ un cuore che batte nel cuore della terra, è una luce di vita che sostiene la speranza e nonostante il dolore, gli errori, le aridità che trafiggono la coscienza dell’uomo, non smette di emanare luce e indicare la via per giungere alla meta.
Nonostante i tradimenti alla verità, la lotta contro l’amore e il rifiuto inspiegabile di decidersi per la pace, la creazione continua a splendere ogni giorno dinanzi agli occhi dell’umanità, ricolmandola di infiniti colori, vita nuova e mistici splendori.
La finestra prospettica che si apre imponente su questa tela ad olio, 50 x 70, della Batignani, converge infine nella centralità di fondo. Il “Domani”, che la montagna posta al centro della fuga, simboleggia con forza è luminoso e raggiungibile, una cascata d’acqua come sorgente, scende garrula dai ghiacciai delle altezze, promettendo ristoro in un ora in cui non vi sarà più arsura ne ingiustizia;
il tono dell’intera opera è biblico e solenne, conduce gradualmente l’osservatore ad una sublimazione contemplativa, in una sintesi pittorica dove realismo, iperrealismo e simbolismo si dibattono per appropriarsi dello spazio narrativo…il sentore è maestoso, la stesura del colore fluida e modulata, matura e composta…fanno di quest’opera un monito umanitario di bellezza e corresponsabilità terrestre.
“Da una ferita mortale è stata colpita la figlia del mio popolo…” (Cantico di Geremia – 14, 18)
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