“La Marta che non sono”
Johannes Vermeer – 1632 – 1675
Nel Vangelo, gli apostoli sottolineano ai posteri l’importanza dell’ascolto delle parole del Maestro e lo fanno in più occasioni; ci vanno di mezzo due povere donne, che al tempo di Gesù in Palestina, tiravano avanti la famiglia con il lavoro delle loro mani, lavorazione e preparazione del cibo, dei tessuti, della dimora, degli animali e dell’accoglienza, Marta e Maria per l’appunto, nella città di Betania.
Alle donne di quel tempo, raramente era concesso partecipare ad incontri, se non per servire, ancor meno a discorsi, conversazioni o sermoni, dal momento che anche in sinagoga erano dislocate in una saletta adiacente dove assistevano separatamente alle funzioni e rientrate a casa, mangiavano in disparte, dopo il servizio al tavolo.
L’apertura a 360° di Gesù verso l’umanità, senza distinzioni di categorie, dovette apparire alle donne di quelle contrade come una vera liberazione celeste, talmente misteriosa e potente da suscitare in loro una catarsi intellettiva. Le più grandi, impigliate dentro schemi di servizio di anni, faticavano ad immaginarsi diverse, mentre le più giovani alla voce di una così sublime rivelazione del valore di se stesse avrebbero rivoluzionato l’universo pur di seguire il fuoco liberatorio di quella verità che usciva dalle labbra del Salvatore (mai nome fu più appropriato)
Con la scusa di apparecchiare la tavola e portare avanti e indietro le vivande, quel giorno a Betania, la giovane Maria sorella di Marta, ascoltava assorbita l’affascinante ospite, fino al punto di astrarsi dai richiami provenienti dalla cucina come una che ad un tratto si trova tra le mani la chiave di un portone sigillato da millenni.
La chiave volava, alta nel cielo, come in un film al rallentatore, mentre nella sua memoria scorrevano le ingiustizie, gli abbandoni, gli abusi verso la sua condizione di donna, al cui solo pensiero arrossiva nell’intimo, incapace di dare a tutto ciò una collocazione…
ed ora lì, dinanzi a quello sguardo, a quelle parole di umile ma profonda e potente giustizia, Maria sentiva scorrere in sé un calore rigenerante, dalla punta dei piedi, al cuore, fino al viso, acceso di interiore e risorta bellezza.
Non tornerà più Maria a sognare fra le chiuse pareti, una mai sperata e incartata felicità…percorrerà villaggi e deserti dietro al suo Maestro, ristorandolo con il balsamo della sua certezza.
succede ancora oggi…
Io, la Marta che non sono, parte viva nel mio oggi della Chiesa in cammino, osservo nelle comunità le tante sorelle capaci e affidabili, che si prendono carico dei servizi accessori, puntuali ed efficienti, corrono affaccendate nelle stanze degli oratori, nelle cucine dei refettori delle nostre parrocchie con il loro sublime e irrinunciabile contributo,…e mi offro, da sempre di aiutare, ma non ne sono ricolma…
resto lì, con il cuore perduto nell’ansia di un annuncio, con la voce sommersa dal frastuono delle false propagande e stringo tra le mani quella chiave, che aprì il cuore di Maria, con la quale vorrei scarcerare il mondo…liberare tutte le anime che giacciono rinchiuse nelle prigioni dell’inganno.. aprire i portali che ricoprono illusioni sepolte e malcelate ingiustizie e, con il balsamo della Verità, proprio come fece lei, far saltare in aria le sconfitte forze che hanno gettato nel silenzio le coscienze di tutti gli oppressi della terra.
Serena Caleca