Tu,
silenzio della pioggia,
presagio rosso delle tenebre,
un altro mondo nella nebbia,
bellezza della domenica,
residuo ultimo di mondo,
oceano anelato e rivelatore,
musica e danza del tuo intimo tempio,
attonito sguardo al mistero dell’opera;
ti porti nello spazio sulle tue lente gambe,,
per prendere coscienza di ciò che stai vivendo,
e tocchi con le mani,
ogni parete vivente,
il corpo e le cose
cariche di rimpianto…
che sono specchio e forma
delle tue calde mani
hanno bocche per sfiorarle
ed occhi per adorarle,
sono materia forgiata
e resa a te vivente
che trasuda il tuo amore segreto
per il mondo;
amore schivo, prudente, poderoso,
celato nel petto e perciò prezioso,
socchiuso in immagini di brevi carezze
frenate e roventi di fragile incertezza.
Difficile è trovarti,
nel buio dell’inconscio,
pur se il buio scopre i sensi
assenti al tempo,
quando pelle e amore
concentriche nel mondo,
ruotano assieme per sfiorare il tempio:
Tempio isolato,
che ci guarda pensoso,
parlerà nei giorni,
sulle gocce di rugiada,
dove forse non avremo
il senso di cercare,
dove sotto i nostri occhi
non vedremo il vero eterno;
e graffieremo ancora la terra dai muri,
dentro i fili d’erba la terra dai solchi,
al nascer dell’autunno la nebbia dai vetri,
intrisi di verità inconsapevole,
di fascino e paura di un meccanismo ignoto,
dell’umile coraggio di violarne il mistero,
prigionieri per sempre, nell’arte della vita…
noi…macchine di un tempo
e per ciò che resta certo…
piccoli frammenti di quel Vero Eterno.
Serena Caleca