Occhio sull’abisso
Pasolini e Rosati, due vite che si incontrano; nessuna dimenticherà più l’altra. La grande profondità del pensiero di quest’ultimo avrebbe scolpito nel cuore del giovane artista pittore e scenografo la stessa forza che possiamo tutt’oggi contemplare nelle sue innumerevoli tele, conservate nella galleria personale dello studio di Ostia e presso la Galleria Artheka di Ostia da lui stesso condotta.
Forza, segno e pensiero, tre coordinate perfettamente fuse con efficacia crescente nella vita e nelle opere di Mario Rosati, alimentate da quella luce e stima condivisa con il grande scrittore, che ha segnato non solo la sua vita di artista, ma tutto il novecento culturale italiano.
E’ la storia di “IDENTIKIT” un affascinante tributo alla contraddittoria personalità del grande poeta, uscito dalle mani, ma oserei dire dal cuore di Mario Rosati, esplodendo in una tela dal grande formato: 80 x 100 cm, dedicata a Pasolini, con una capacità di interpretazione del dramma esistenziale dell’amico scomparso, inedita nel fermento pittorico italiano.
Con audace interpretazione egli seziona i tratti del volto dell’artista come se ne volesse scandagliare il tormento interiore, penetrandone il dolore, deformandone l’immagine per riappropriarsi della sintesi, come Pasolini stesso faceva con il proprio percorso spirituale, senza risparmiarsi nessuna prova, senza temere davanti all’umanità di farsi giudice di se stesso.
Infine quasi per affondare il pennello nel cuore di un anima così travolgente, Rosati pone al centro della tela lo sguardo profondo dell’uomo, penetrante e lontano come il volo del falco che si libra sulle inconsistenze umane; quell’uomo che tanto aveva sofferto delle ingiustizie e delle contraddizioni sociali, e ripropone al mondo il grido inconfondibile della sua denuncia, la forza del suo parlare di combattente, simboleggiata dal pugno serrato in primo piano e il dolore dell’incomprensione degli uomini, che serrò la sua anima negli anni della ribalta culturale.
Forza, segno e pensiero, emergono anzi gridano dalla tela di Mario Rosati e ne costituiscono una struttura imponente, mentre il colore, inconfondibile rosso su contrapposti di neri e di calde cromature, simboleggia la vita che pulsa, il cuore in tumulto e non ultimo l’altissimo prezzo, pagato con la vita del genio italiano.
Nei solchi profondi dell’ampia fronte e del volto segnato, l’autore evidenzia con empatica sofferenza, il senso di lacerante solitudine più volte avvisato e denunciato dal grande poeta. Come un gigante sospeso tra cielo e terra, senza più contatto con forme di vita a lui simili, tale doveva essere il vuoto scavato dall’amarezza accorgendosi di essere abdicato dai suoi stessi compagni di percorso, vuoi per incomprensioni, insufficienza di argomentazioni o incapacità di tenerne il passo e con i quali condivideva progetti letterari, televisivi e politici.
Nella geniale riproposizione della scomposizione del ritratto di Pasolini in pochi ed efficaci fotogrammi, Rosati affronta la verità della grande crisi di identità attraversata dal poeta. La sua notorietà, la denuncia coraggiosa e irriverente del suo programma letterario e politico e l’estenuante lotta interiore con la quale non risparmiava alla propria coscienza continue revisioni e processi interiori, lo avevano gettato in un buio esistenziale, fino a perdere la percezione della propria struttura psicologica e i confini rassicuranti della propria identità.
“IDENTIKIT”! Ricostruisciti ! Sembra gridare l’amico pittore, in uno sforzo sovrumano che attraversa il cielo e la terra; quasi volesse strappare con la rabbia della della sua forza pittorica, la vita del genio scomparso al suo destino di sangue; quasi volesse sanare con i tasselli della sua ricostruzione artistica, la ferita lacerante di quell’anima tormentata…
e riportare in faccia alla coscienza dell’umanità il dramma di un ingiustizia mai rivendicata, pagata solo con il prezzo della scelta di vita di un grande uomo.
Serena Caleca