No trespass
Parcheggiavo distratta in prossimità del vivaio di zona, per acquistare poltiglia bordolese per il trattamento del fungo sui miei cipressi, il sole alto, agosto, nessuno in giro, un vero deserto.
Senza accorgermene qualcosa stava attirando la mia attenzione, ma non me ne prendevo cura. Mi interessavano i miei cipressi. Entro, concludo l’acquisto e riesco. Per una direzione dell’occhio forzata, ricado su quella visuale che il mio cervello aveva già scansionato all’entrata, dal momento che la mia macchina era parcheggiata proprio lì davanti.
La rivedo, ora mi fermo. “Ma è bellissimo!” Penso dentro di me. Una dedica d’amore tracciata sul muro di una casa d’angolo, non riuscivo ad andarmene, volevo proprio leggerla tutta…In un attimo un susseguirsi di pensieri affolla la mia mente, vedevo lui, vedevo lei, mi immaginavo il loro incontro…ripensavo ai miei amori di giovinezza, alle passeggiate nei viali con le mani nelle mani, alla bellezza di quei giorni, agli istanti di un amore che non conosceva confini.
L’amore che non conosceva confini era ancora lì, intatto come allora, sempre nuovo, non più ora, solo mio, ma loro, non più solo loro, ma di chi leggeva passando, non più del passante, ma di tutti, del mondo, dei mondi..senza barriere.
Amore che travalica i mondi, che non gli importa del giudizio degli adulti, non se ne fa nulla dei sorrisini dei passanti, non si cura del problema economico del rifare la tinta, o della figuraccia dei genitori davanti al vicino cui tocca riparare il danno, perché è vero, è puro, è giusto, è divino.
E’ santo, è autentico, è perfetto, è docenza, è cattedra, è scuola di verità. Dunque esisti ancora! Non ti ho perduto fra le carte e i bigliettini conservati nella scatola di cartone sotto la scrivania, non ti ho incorniciato per sempre insieme ai fiori secchi racchiusi nel vetro di un vassoio eseguito apposta alla scuola d’arte, non sei fuggito piangendo da questo mondo, inorridito dal male che serpeggia sulle sue contrade…
Non sei fuggito da questo mondo o Amore!
Ti sei nascosto, nel cuore dei giovani, hai blindato la serratura del tuo rifugio per non morire, o Amore, per attraversare i tempi, per sopravvivere alle tempeste, per stringere i denti nei giorni di magra, o Amore, per non deludere la sete delle generazioni e consegnare alle genti intatto il vessillo dell’eternità.
Ora che mi hai chiamato ti rivedo. Non posso ignorare la forza del tuo segno, che mi rincorre e da sempre vuole inseguirmi perché io non dimentichi e mi prosciughi come chi non ha più acqua e non parli più di te come chi non ha più cuore.
Esisti ancora e ci parli da un muro di materia inerte, che viola il costume del rispetto sociale, sporca il paradiso fittizio di un quartiere bene e te ne vai, lasciandoci con il pensiero di aver smarrito la perla preziosa, proprio quella di cui parla il Vangelo. Eri tu.
Serena Caleca